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Vampiri, la Masturbade


di Ptro
10.01.2023    |    290    |    0 8.7
"Appariva tutto troppo facile nonostante il soffuso olezzo d’agli e cipolle..."
Nota dell'autore un po' brillo un po' folle un po' da interdire: Fanciull*, il racconto è, nel suo intento di omaggiare un certo giuoco di ruolo, violento, crudo, disgustoso e immorale. Non vi elenco i trigger warning, perché è il mio stesso scrivere un trigger. Quindi andate avanti a vostro rischio e pericolo.

Riluceva intermittente sul dancefloor, quando un laser maldestro puntava l’opinabile giacca di paillettes con cui s’era addentrato nella notte. Gocce di sudore irrispettose l’assalivano da ogni dove, spiccando il volo da corpi vuoti mossi da alcoolici mal mescolati. Vanamente s’era illuso di aver avuto una divina illuminazione nella crepuscolare ascesa al club: caotiche vacche vogliose, probabilmente sfatte, lo attendevano pronte a farsi consumare nel sogno. Persino venti euro d’ingresso aveva pagato per banchettare ignorando l’orrore che l’aspettava al di là della rossa soglia. Aglio. Un fetore immondo d’aglio lo circondava e violentava le sue pallide narici. Afferrò nauseato il braccio di un gorilla poco più in là “Mio dio, ma non sente anche lei quest’orrido odore” urlò nelle orecchie ottuse dalla musica. “Sarà colpa del buffet, oggi era a tema bulbose edibili” replicò con tono da maître navigato. La mente del nostro fu attraversata da un rapido, semplice, efficace messaggio: fuggi, mettiti in salvo, il nostro comune amico stomaco è attualmente ripiegato su sé stesso, sii razionale. Ma il cuore, seppur fermo da un mezzo secolo abbondante, giocò ancora una volta le sue carte: col cazzo, ho pagato un ventone, con il gas che galoppa, li uso tutti. Maledetti vampiri, si farebbero ammazzare per un decino; evidentemente, l’aristocratico distacco dal piano materiale si sviluppa solo se il sangue nobile lo hai nelle vene, non se lo bevi. Sicché, nobilmente, cedette all’aglio, sboccando tutta la caccia della notte precedente sui mocassini borchiati del buttafuori.

Noncurante delle urla inviperite del bistrattato addetto alla sicurezza, che vedeva i suoi Vuitton irrimediabilmente macchiati da quel vischioso vino rosso marcescente, il nostro s’avviò nella pista gremita. Un gesto sinuoso per riaccomodare i capelli scossi dall’incidente, un delicato ed impercettibile tamponar di fard sulle pallide guance e il divo era pronto a farsi divorare dagli sguardi mortali, dalla lussuria che ormai non provava dal ’66, e tutta la schiera di altre inutili emozioni che si accalcavano sui volti vacui della mandria alcolizzata. Appariva tutto troppo facile nonostante il soffuso olezzo d’agli e cipolle. Ben presto, un ragazzino gli si iniziò a strusciare addosso, toccandolo lascivo. Freddo, lo squadrò. Bel bocconcino: colorito rosa acceso, piuttosto alto… Ci saranno stati almeno sei litri di sangue, e di quello buono, sospettò mentre con aria esperta e distaccata gli palpava il braccio alla ricerca del battito. Centocinquantatré battiti al minuto? Il bimbo si era calato qualcosa di buono! Meglio così, aveva sempre amato le bibite frizzanti, pensò stringendosi il tovagliolo al collo, mentre l’altro veemente massaggiava il suo cazzo avvolto dal morbido satin. Si diede un ultimo sguardo intorno nonostante le labbra del cibo stessero invano cercando di marchiarlo con un succhiotto richiudendosi sul suo collo eburneo così che fosse certo di non essere visto, e s’apprestò a banchettare. Ma proprio quando il canino destro iniziava l’incisione sul collo del giovanotto, ecco un ritmo nuovo, maledetto. “Non qui, non tra i twink” gridò il vampiro ma la voce di Madonna era già partita ed un gregge di pecoroni tutti pelle ed ossa si segnava la croce sulle note di Like A Prayer. Le fiamme sacre lo avvolsero in un abbraccio di dolore da cui cercò libertà scaraventando il fanciullo sempre più molesto in mezzo ai suoi simili per rifugiarsi, sfatto e ansimante, nei bagni lerci del locale. Bestemmiò a mezza voce contro i danni del ’68 e della musica profana di Madonna, borbottando le solite vecchie lamentele su come fosse più facile cibarsi quando gli zombie d’eroina ancora passeggiavano liberi, gettando talvolta l’occhio allo specchio con l’ardua missione di ricomporre lo scempio ch’era diventato il suo outfit. Paillettes viola pendevano fumanti, e i capelli parevano decollati da Cape Canaveral. È forse questo un uomo? Questo trasandato intreccio di stoffe e peli e pelle lesa? No. In effetti, era un vampiro. Accanto a lui, barcollante un ragazzino decorò il pavimento con una rielaborazione del buffet all’aglio direttamente dalla sua bocca dello stomaco, vista che costrinse il nostro a girarsi, aprire uno dei cessi e riversare i rimasugli del sangue della notte passata su una giovane intenta a pippare dalla tazza. “Ehi stronzo, l’ho pagata cinquanta euro sta roba” Urlò lei lanciandogli un tacco. Un tacco 8. Povera pezzente, chi sperava d’abbordare, così tappa? Pensò il non morto tirandosi dietro la porta. Lasciamola piangere in pace. Forte, tonante, dalla sala arrivava un remix synthpop di Camminerò, camminerò e capì che, ventone di ingresso o meno, era proprio il momento di levar le tende.

Fu allora che lo vide. Appoggiato alla parete in fondo ai servizi, tra due lelle che si mangiavano a vicenda e una drag collassata, un giovincello, forse nemmeno ventenne, sbocconcellava un pacchetto di crackers. La barba appena accennata incorniciava due guance rubizze che fecero venir l’acquolina in bocca al nostro prode di ringalluzzita speranza. S’avvicinò a grandi falcate alla bellezza innocente ed esordì con una quanto mai brillante battuta “Crackers? In disco? Cosa sei, allergico all’aglio dello splendido buffet?” “Sì” Che al fin la fortuna stesse volgendo verso di lui? S’avvicinò senza una parola, ed iniziò ad annusare il collo del giovane. Effettivamente, pareva sangue purissimo. Stava al solito soppesando un braccio alla ricerca della radiale quando il giovinotto, evidentemente fraintendendo, gli ficcò la lingua in bocca. Che plebeo orrore. Fiumi di saliva si riversarono sui suoi canini scintillanti, mentre le morbide papille dell’altro cercavano di stimolare una passionale risposta d’uno che le passioni le aveva seppellite in un tragico incidente nel ’66. Dopo che le labbra chiare del mostro furono quasi arrossate dal mordere continuo del veemente giovane, scintillanti di amorosa bava, con forza si sentì tirare dai capelli. Non che sentisse dolore, sia chiaro. Il suo sistema neurale era probabilmente ormai in parziale destrutturazione. L’inaspettato gesto lo costrinse tuttavia in ginocchio, subito pressato da una mano ferma contro il jeans attillato e gonfio della preda. Uno schiaffo tonante lo allontanò rintronandolo accompagnato da uno sputo preciso nella sua bocca aperta dallo stupore. “Non ti piace baciare, sei uno diretto eh… L’ho capito subito, ora vedi troietta come ti faccio divertire” gli urlò spavaldo il bimbo calandosi le braghe e il jock in un unico, fluido movimento, liberando un fragrante aroma di muschio pronto a confondersi con il puzzo del vomito e il rancido piscio. Accompagnando il gesto con un nuovo ceffone sulla faccia della sua presunta zoccola vogliosa, s’afferrò vigoroso il cazzo massaggiandolo forte finché con il prezioso aiuto della splendida visione in ginocchio da lui non giunse alla piena erezione. Lucide gocce di precum colavano impreziosendo l’asta gonfia ed illuminando la grossa vena che solcava quel gioiello; fu proprio questa visione a riportare pressocché all’ordine e alla ragione il nostro vampiro. Non sarebbe stata la prima volta in cui si sarebbe nutrito con la cannuccia, in fondo, pensò afferrando in mano la mazza e stringendola col pugno per gonfiare ancor più la vermiglia cappella senza badare al mugolio soddisfatto della preda. Con eleganza, lasciata la cannuccia giustamente biologica e dunque non dannosa per le innocenti tartarughe marine, procedette stolto ad indossare il suo tovagliolo per pasteggiare. Così, non appena ebbe liberato le sue zanne dalle morbide gengive, e spalancata la bocca per trafiggere la deliziosa vena pulsante, gioioso d’aver trovato un così collaborativo manzo, fu oltremodo oltraggiato dalla violazione dell’etichetta che seguì. Non facendo onore al sacro momento del pasto il giovane approfittò dell’occasione per infilare l’intera sua mazza fin oltre le tonsille del vampiro. Che ringraziò la sua indipendenza dal respiro, giacché qualunque mortale sarebbe soffocato sul colpo. Lui no, purtroppo, pensò con rammarico mentre la sua oramai ex preda l’afferrava per i ricci e iniziava violento a fottergli la gola. Sicché nella bocca lubrificata dalla fame spingeva innanzi e indietro il cazzo largo godendo dell’intima carezza di quel buco piccolo ed inesperto, gioendo dell’evidente verginità delle mucose che possedeva. “Puttana” gli urlò “La tua bocca è nata per succhiare, sai?” l’affermazione fu seguita da pratica dimostrazione quando un’ulteriore spinta lo portò ad appoggiare le sue palle tese sul mento del vampiro, che si ritrovò con il naso sepolto nel cespuglio glorioso che celebrava l’obelisco. Il vampiro si sorprese a pensare, nel caos umiliante del momento, che tutto sommato il maschio odore di cui si riempiva i polmoni era quasi gradevole, rispetto al fetido aglio che appestava tutta l’aria circostante. Sicché, quando ignaro della sua immortale apnea, il giovane lo allontanò dal suo cazzo per concedergli un respiro il mostro si lanciò nuovamente nel soffocone, facendo sussultare dalla sorpresa il suo amante. Con piacere ne stringeva i capelli mentre il suo pube morbido accarezzava la faccia di quella troia affamata come poche ne aveva incontrate in quello squallido cesso. Poi, l’errore fatale. Bramoso di nascondere gli immondi odori col profumo di quel maschio ventre, il non morto insensibile toccò, col suo dente fin troppo appuntito, la minchia rigida che lasciò lenta colare una goccia di sangue. Il vampiro impazzì. Iniziò a succhiare infoiato il cazzo, proprio mentre il padrone offeso lo colpiva al volto per punirlo del lancinante morso. Come spesso succede, cari lettori, il misunderstanding è dietro l’angolo nel momento in cui le bocche son piene e i cervelli offuscati dall’eros. Così, il ragazzino ingrifato pensò bene che l’eccitazione della puttanella fosse dovuta allo schiaffo, ed iniziò a colpirlo ripetutamente, in ogni dove, con sberle e sputi, come una cagna che si rispetti meriti. Completamente insensibile in preda all’estasi frenetica della Bestia sfamata, il nostro continuava imperterrito a soffocarsi su quel cazzo turgido e bagnato per assaporare quel leggero gusto di sangue, provando quella sensazione che solo dopo morti di transilvanico bacio si può sperimentare: simile ad un orgasmo, ma più ventrale, vicino all’estasi, ma più carnale, pari all’innamoramento, ma del solo corpo. Mugolava il vampiro, come una vacca in calore mugola quand’è pronta per ricevere la monta. Come poteva pensare il ragazzotto che lo sovrastava che non si trattava di una richiesta di cazzo ma di un’estasi di sangue? Non poteva certo, così non s’accorse dello sconcerto nel volto del povero vampiro, che sperimentava la sua massima gioia, quando questi si trovò voltato di peso e buttato a novanta addosso ad uno dei tre lavabi senza più nessun tessuto a coprirne le terga. Pensate voi, a sorpresa, sentire il viscido precum di quella che reputavate la vostra cena appoggiarsi sul vostro buchetto come premonizione dell’imminente apertura. Immaginate cosa possa sentire un vampiro così composto, cresciuto e morto negli abbottonati anni ’60, nel momento in cui il suo ano si dilata senza opporre resistenza per accogliere il ruggito virile di un ragazzetto, che colpo dopo colpo occupa il suo posto nella troia che reputa ormai sua proprietà. Cominciò così la dura monta della puttanella. Gli veniva facile sbatterlo, le mani ferme sui fianchi magri e pallidi, mentre il suo volto riposava sulla ceramica. Lo riusciva a sentire tutto intorno al suo cazzo, quel culo è un tunnel di burro morbido e caldo che, come un guanto, lo stringe e lo coccola nel freddo cesso. Non si ferma mai, non si cura dei versi confusi del buco che rantola. Vuole svuotarsi e sa che il posto giusto per farlo è ben in fondo a quel corpo candido. Ogni colpo lo portava più a fondo, gli permetteva di esplorare meglio i segreti piaceri che quella vacca offriva lì, in bella vista. Sorrise di circostanza al ragazzetto che si appoggiò al lavabo affianco per tirarsi una riga e che ebete ne offrì un po’ al mostro dissociato dalla realtà, dalle sensazioni, dalla vita. In fondo, era morto. Non si fermò nemmeno quando il giovane dal naso imbiancato tirò una manata sul culo immortale, anzi. Delicatamente prese la mano del nuovo venuto e fece sprofondare un dito nel pertugio accanto alla sua verga dura, allargando ancor più il povero vampiro, ormai ridotto a mera bambola sotto i colpi delle reni della sua fu cena. Ridacchiando, l’altro ritrasse il dito, lasciò un altro segno rosso fuoco con la sua mano violenta sul gluteo defunto, e sparì nelle luci della pista. Nuovamente solo con i lamenti del suo buco, il ragazzino aumentò la forza, quasi a voler aprire quel corpo inerme in due, a fondersi a quel budello languido che oramai s’era fatto guaina su misura del suo uccello bagnato. Una pozza di precum riempiva l’ano rotto del non morto, una di saliva s’era formata nel lavandino sotto la sua bocca aperta ed incapace di proferir parola. Aggressiva continuava la monta del ragazzo, che diveniva via via un fremito, un teso elastico, mentre nelle sue palle i muscoli si contraevano preparando il colpo finale. Lo voleva, quel buchetto da discoteca qualunque, l’ennesima testa di cazzo che cedeva all’unico ragazzino serio, posato e con la testa sulle spalle… Idiota, come tutti, lui era lì solo per la minchia. Per dargliela e sfamare quelle cagne. Afferrò i capelli del vampiro, tirandolo a sé. In una grottesca commedia degli equivoci, gli morse il collo con forza, marchiandolo coi suoi denti, leccandogli l’orecchio mentre il suo cazzo ormai allo stremo si gonfiava e pulsava nel culo senza forza. “Dimmi che vuoi la mia sborra, puttana. Dillo ora!” Urlò nelle orecchie già malmenate dal puttanpop da quattro soldi che risuonava nel locale. Vedete voi se a cinquant’anni suonati d’onorata carriera un sì potente vampiro debba implorar d’essere farcito per liberarsi, per tornare alla calma, per riprendersi la sua anima. Non aveva scelta, lo urlò. “Riempimi tutta, ti prego”. Il ragazzetto rise come un matto mentre gli esplodeva dentro fiotti di calda crema stringendolo al suo petto con una presa selvaggia sui capezzoli.

Di colpo com’era entrato, si sfilò, lasciando che il corpo esanime del vampiro rovinasse sulle luride piastrelle. A stento s’accorse d’esser sulla fredda ceramica, deprivato dei sensi com’era da quell’estenuante penetrazione. “Tutte uguali, voi cagne. Prima lo volete, poi non sapete reggere” Sentenziò il suo aguzzino, salutandolo con uno sputo in faccia prima di sparire rapido. Come un’ameba priva di volontà propria, il nostro mostro non si mosse per ore, macerando nel piscio e nei drink che sempre più imbrattavano il gelido pavimento. Non lo smossero gli insulti delle sfrante che uscivano e rientravano dai cessi con l’amante della notte, decorose loro, innanzi all’osceno spettacolo delle sue vesti calate e del culo sfatto in bella vista. Ignorò che con l’albeggiare gli altri cenci abbandonati si sollevassero nei postumi e si trascinassero incerti verso l’uscita del club o verso una nuova dose mattutina. L’unico movimento capace di sconvolgerlo fu il lento scivolare d’un abito talare ad imporsi in controluce all’ingresso dei servizi. Il giovane prete fece qualche passo e alzò un sopracciglio sorpreso. Con estrema grazia si tolse i guanti di raso e s’accovacciò, ben attento a non lordare il pantalone, affianco al mostro. Un gesto fermo accompagnò l’entrata di sue tre dita nello sfintere grondante, altrettanto ferma fu la mano nel portare la sborra alla bocca, deliziato il volto all’assaggio. “T’han proprio aperto per bene, vecchio volpone. Peccato non essere arrivato prima, sembra proprio che mi sia lasciato sfuggire un manzo di prim’ordine. Almeno, creatura immonda, te ne andrai soddisfatto e ripieno. Io non mi lamenterei” E s’alzò piano dal pavimento, sfilando una boccetta di liquido chiaro da un taschino nascosto dal tabarro. Gli occhi umiliati del vampiro, creatura altera e notoriamente d’antiche et integerrime tradizioni, si bagnarono di lacrime per un’ultima volta, mentre un rantolo gli moriva in gola. Il tappo saltò, e l’acqua santa incominciò a piovere.
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